Presentazione della scheda per la fase sapienziale diocesana

Carissimi,
questi due anni di ascolto hanno messo in rilievo alcuni aspetti caratterizzanti la nostra comunità locale di cui dobbiamo far tesoro per capire quali passi in avanti siamo chiamati a fare. Il rischio di fermarsi pensando di aver corrisposto a quanto in qualche modo è stato richiesto a tutte le comunità diocesane è forte. Il Cammino sinodale non è un compito da assolvere quanto soprattutto uno stile da incarnare e dal quale poter trarre indicazioni e stimoli per attivare processi che siano una risposta di orientamento per l’annuncio della buona notizia a tutte le genti.

Il “cambiamento d’epoca” a cui stiamo assistendo richiede a tutti noi e a quel NOI espressione della comunità ecclesiale, atti di conversione che permettano allo Spirito di arrivare al cuore delle persone.

La fase sapienziale nella quale siamo entrati caratterizzerà tutto quest’anno pastorale e corrisponde a quella fase del discernimento dalla quale a livello nazionale scaturiranno degli indirizzi che saranno oggetto di approfondimento nella fase profetica che ci porterà all’anno 2025 dal quale dovrebbero scaturire degli orientamenti per tutte le chiese locali che sono in Italia.

A livello locale partecipiamo alla fase sapienziale di discernimento provando ad avviare dei processi, delle sperimentazioni che possano essere una risposta a quanto lo Spirito Santo ci sta già segnalando.

Devo dire che qualche cosa è già avvenuta quando ad esempio, proprio a proposito degli organismi di partecipazione abbiamo vissuto l’esperienza di un coordinamento tra il Consiglio pastorale diocesano ed il Consiglio presbiterale. Anche la necessità segnalata da più parti di ravvivare il rapporto con il mondo dei giovani ci ha portato lo scorso anno a coinvolgere maggiormente le realtà associative e parrocchiali che si sono rese protagoniste di un percorso comune in vista della Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona.

Rispetto al cammino che stiamo facendo, il titolo che abbiamo dato all’Assemblea Diocesana di ottobre, Una comunità di comunità. Al cuore delle relazioni, mette in evidenza che siamo chiamati a camminare concretamente verso la comunione.

Che cos’è una comunità di comunità? È una casa nella quale ognuno di noi è chiamato a comprendere che fa parte di un’unica famiglia, ed è una sfida che siamo chiamati a vivere ogni giorno; considerarci casa significa iniziare a fare dei passi in avanti per far sì che questa casa in qualche modo cresca, ma passi in avanti che riguardano ognuno di noi e ogni singola comunità, per mettersi in quell’atteggiamento del “gareggiare nello stimarci a vicenda”, affinché abbattiamo quei muri invisibili che a volte eleviamo fra di noi e che non ci permettono di fare un’autentica esperienza di comunione. Chi cammina al mio fianco è certamente diverso da me ma non è mio concorrente e semmai concorre con me come dice la lettera ai Romani, a quel bene che è la conseguenza della ricerca dell’amore di Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno (cfr. Rm 8,28).

Ognuno di noi vive un territorio particolare che sono le parrocchie, partecipa alla vita delle associazioni, è in un istituto religioso, porta dei servizi particolari, tutto questo dobbiamo saperlo ricomporre in un disegno unitario, mettendo al centro quelle dinamiche che ci aiutino a fare comunione ma anche a tener presente la necessità e l’esigenza di “allargare il cerchio”. Questo assistiti anche dalla conversazione nello Spirito che è lo stile che vogliamo perseguire, su cui dobbiamo anche sempre più “specializzarci” e per far sì che da questo stile di Chiesa nascano quelle proposte, quelle attenzioni che ci permettono di trovare le strade giuste.

Metterci in una dinamica sinodale, in una convivenza sinodale, per noi significa soprattutto fare comunione: la sinodalità è finalizzata alla comunione e per questo è necessario che ciascuno si metta in quella condizione di carità, di disponibilità, di accoglienza che nasce da chi è consapevole che la cosa più importante, in questo momento, è mettersi in ascolto.

Ci lasciamo alle spalle una fase narrativa che ritengo sia stata un’opportunità grande per la nostra comunità di cogliere il vento dello Spirito che in questo momento soffia sulla Chiesa Cattolica. Dobbiamo avere il coraggio di andare avanti sulla strada che il Signore ci sta indicando. Sarà bene continuare a specializzarci, mi si passi il termine, in quella dimensione dell’ascolto che in questi due anni abbiamo come riscoperto. Sarà veramente importante continuare a mettere al centro di questo ascolto la Parola di Dio.

Facciamo tesoro delle scoperte che il Signore ci sta facendo fare affrontando il rischio dell’investimento più importante della nostra vita, quello sulla buona notizia che in Cristo ci è donata gratuitamente e che gratuitamente siamo chiamati a ridonare.

Auspico che tutti noi abbiamo nel cuore questo desiderio di poter fare dei passi in avanti nel segno della conversione, affinché lo Spirito che ci è donato possiamo coglierlo per capire sempre di più e meglio, quali sono questi passi in avanti da fare, azioni concrete che ci aiutano a far sì che diventiamo veramente sempre più una comunità di comunità, mettendo al centro quelle relazioni di prossimità tra di noi e con quelle persone che il Signore ci affida, che danno significato al nostro essere popolo di Dio, al nostro essere comunità in cammino.

Mi piace l’immagine scelta come icona di quest’anno sapienziale, quella dei discepoli di Emmaus, che una volta riconosciuto Gesù Cristo lungo il cammino, la prima cosa che fanno è tornare indietro, verso Gerusalemme, al cuore della loro esperienza di fede a fare l’annuncio alla comunità degli undici e degli altri che erano con loro.

Per quanto riguarda il ritorno dell’Assemblea, un momento di confronto e di verifica lo faremo a giugno.

Il vescovo Stefano

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